Quinta edizione 2009 • vincitore Premio Cassa Rurale

Gli occhi del cuore - Monologo di una ragazza

Carlotta Scalet

Carlotta Scalet

Ho 18 anni, frequento la 5ª Liceo scientifico di Fiera di Primiero, vivo a Transacqua (TN) con i miei genitori e i miei due fratelli. Il mio hobby principale è l’orienteering dal quale ho avuto molte soddisfazioni: proprio quest’anno ho partecipato ai mondiali junior svoltisi nella nostra valle e ad altre gare internazionali. Adoro questo sport perché mi dà l’opportunità di viaggiare molto, di confrontarmi e di stringere amicizia con atleti di tutte le nazionalità. Durante i miei viaggi nella valigia non manca mai un buon libro, spesso consigliato dalla mia migliore amica. Un’altra delle mie passioni è la musica, mi rilassa molto ascoltarla e suono da diversi anni violino e clarinetto.

LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA

"Gli occhi del cuore - Monologo di una ragazza” è il sofferto – eppure ricco di speranza – racconto di chi, dopo un incidente stradale, ha perso la vista. E in quel delicato affidare al cuore la possibilità di vedere comunque, anche quando gli occhi non possono più registrare cosa accade intorno, trovano sostanza le paure, le incertezze, persino la rabbia di chi ha visto cambiare improvvisamente e radicalmente la propria esistenza. Un testo delicato, mai rancoroso, sempre aperto al bello della vita. Anche quando i colori non si possono vedere, ma si devono sentire.

IL RACCONTO

Ricordo solo un grandissimo botto… e poi il nulla, tutto è diventato nero… un nero eterno.
È passato tanto tempo, all’incirca un secolo direi, nel quale non capivo cosa ero. Ora mi sono svegliata.
Inutilmente cerco di aprire gli occhi, non ci riesco. C’è qualcosa che mi blocca le palpebre. Avvicinando le mani mi accorgo che quel qualcosa è ruvido, leggermente umido e mi copre tutta la parte superiore del viso: dagli occhi ai capelli. È una fasciatura, o almeno lo sembra.

Solo ora inizio a chiedermi dove sono, prima ero troppo concentrata a capire cosa mi stesse comprimendo il capo. Coperte morbide, lenzuola di cotone, tutto terribilmente profumato di detersivo. Mentre ragiono sento una voce: è sicuramente una voce femminile, sembra lontana ma la sento molto chiara; sta parlando con qualcuno. Odo dei passi, e quella voce che si avvicina ora si rivolge a me, ne sono certa, perché si è seduta qui, al mio fianco, facendo molto rumore.
«Buongiorno, vedo che si è svegliata – mi dice – come si sente?»
Non so che cosa rispondere, non mi sento né bene né male. La voce prosegue: «Sono la dottoressa Bruna, lei si trova all’ospedale di Genova».
Sì, ho indovinato. Ho sempre odiato l’odore di malattia, l’afa ed il nauseante tanfo di asfittico pulito degli ospedali, che ti fanno sentire malata anche se sei la vincitrice del premio "Miss Salute 2009”… Adesso non posso fare a meno di sorridere al pensiero di una Miss che entra in un ospedale: tacchi a spillo e sguardo fiero scomparirebbero appena oltre l’ingresso.

La dottoressa, ignorando il mio sorriso, aggiunge: «Lei è stata vittima di un incidente qualche settimana fa; qualcosa, da oggi, è cambiato nella sua vita. Ora le tolgo le bende e presto potrà tornare a casa».
Subito sento le sue mani che con molta delicatezza iniziano a togliere le garze e a pulire la pelle. Molto gentile, diretta… ha solo il vizio di parlare a voce molto alta… per il resto veramente una brava dottoressa…
…Ma cosa diceva? «Qualcosa, da oggi, è cambiato nella sua vita…» Finalmente anche l’ultima garza è tolta, sento dell’aria fresca sbattere sulle palpebre. È una sensazione davvero eccezionale…rumore di passi… la mia dottoressa forse se ne va…
Provo ad aprire gli occhi… nero.
Non riesco a crederci, provo a richiudere le palpebre, le stringo forte concentrandomi, ho paura. Cerco di riaprire le palpebre, prima attraverso una fessura piccolissima e poi sempre più grande, ma niente; l’unica cosa che riesco a vedere è una profonda voragine scura, senza fine.
Botto, ospedale, bende, incidente, la sua vita è cambiata… La sua vita è cambiata.
Queste parole mi risuonano nel cervello, non riesco a capire, a spiegare… Perché? Quando?
Il tempo si ferma, il mio cuore batte sempre più forte, come a scandire quei secondi che non percepisco. Sono stanca, molto stanca. Voglio addormentarmi e svegliarmi domattina e accorgermi che questo è solo un brutto sogno.

«Ciao, buongiorno, finalmente oggi torni a casa con noi». La voce della mamma è unica, la si riconoscerebbe fra mille. In un attimo ritrovo la fiducia e la forza per affrontare questa mia nuova, buia vita. Da sola ormai non riesco neppure a trovare i miei vestiti, a capire se la porta è aperta o chiusa e ad evitare gli ostacoli nella stanza… figuriamoci come sarà fuori…
Ma noi ugualmente partiamo, insieme, a braccetto. L’infermiera mi ha consigliata di camminare sempre un passo indietro, per essere meglio guidata ed evitare di inciampare.
I primi passi sono difficili, quasi cado. Ma sento che non sono solo io ad avere paura: anche la mamma cammina con un’andatura strana, da processione, piede strisciante, un incedere un po’ ubriaco, a brevi tratti. Non ha ancora realizzato che le mie gambe stanno benissimo, solo che non sanno dove appoggiare i piedi.

È passato ormai qualche mese da quel giorno, lo ricordo come se fosse oggi. Ora, però, non mi sveglio più con gli zoccoli delle infermiere, ma con il sole che mi riscalda il volto, con il cinguettio degli uccellini ed fruscio del mare. La cosa più importante per me è che riesco a percepire a pieno i suoni ed i profumi della primavera e della pioggia, dell’erba appena tagliata e dei fiori appena sbocciati, che prima vedevo ma non sentivo.
Vedevo ma non capivo, non apprezzavo.
Il non vedere con i miei occhi ciò che mi circonda comporta molte barriere da superare. Il mondo esterno alla porta di casa è per me pieno di insidie ed ostacoli nascosti, uscire da sola è ancora prematuro. Ma imparerò. Ho già superato molti ostacoli qui, nella mia casa, i più insospettabili. Presto sarò forte e in grado di abbattere anche le barriere del mondo, come già molti altri prima di me… Imparerò.
Sto già imparando. Sto scoprendo come sentire la vita, come viverla insieme agli altri, con gli occhi del cuore.