Ottava edizione 2015 • segnalato sezione inediti

Valentina e il bosco alfabetico

Flora Graiff

Flora Graiff

Giornalista freelance, artista e autrice. Vive fra Merano, sua città natale, e Trento. Ha studiato restauro a Firenze e xilografia con Remo Wolf. 
Nel 1988 ha creato Kako, una strip lanciata da "Linus" e "Snoopy" e oggi pubblicata da "TrentinoMese".
Ha scritto radiodrammi per la Rai, realizzato vignette satiriche per diversi quotidiani e graphic novel per l'Atlante delle Guerre. 
Nell'ambito dei Parallel Events di Manifesta 7, nel 2008 ha esposto suoi fotopastelli a Castel Toblino nella cappella di Sant'Antonio. La mostra è documentata in un catalogo con nota critica di Luca Beatrice.
 Un altro catalogo, con presentazione di Enrico Crispolti, documenta il ciclo di pastelli "Orizzonti".
Per le edizioni di pregio Pulcinoelefante ha illustrato poesie inedite di Alda Merini, Ezra Pound, Marina Cvetaeva, Salvatore Quasimodo e Dario Bellezza. È presente nell'opera di Renzo Francescotti “Bottega d'artista 2. Settanta nuovi ritratti di pittori e scultori trentini.” Alda Merini ha scritto per lei e per il marito, il giornalista e poeta Lillo Gullo, una poesia inserita nelle raccolte “Il maglio del poeta”, Manni editore, e “Clinica dell'abbandono”, Einaudi.
È particolarmente attiva nel web.

IL RACCONTO

Il giorno era di maggio ma il caldo era di agosto. Perciò gli abitanti di Borgo Pulcino quella notte dormirono tutti con le finestre spalancate. Anche Valentina, un’orfanella che i genitori adottivi trattavano come una schiava.
Sembra una storia già sentita, vero? Ma, se avrete la pazienza di leggere il seguito, vi accorgerete che non è così.
Valentina, per prendere sonno, aveva l'abitudine di contare le pecore, ma quella notte, chissà perché, ebbe voglia di contare le fragole. Forse in cuor suo sentiva che non sarebbe stata una notte come le altre. E così, infatti, fu. Mentre dormiva beata, una terribile tromba d'aria investì Borgo Pulcino. Prima sradicò un platano secolare, poi scoperchiò il tetto di una casa, poi ancora fece suonare le campane della chiesa a martello, infine, entrò con furia proprio nella cameretta della bimba e la catapultò fuori con il cuscino sotto la testa e la bambola in braccio. Incredibile: mentre volava sopra i palazzi come una rondine, Valentina era rimasta immersa nel suo sonno di fragole. Si fosse schiantata a terra non si sarebbe salvata. Per fortuna, il ventaccio esaurì la sua energia durante il sorvolo di un bosco. E fu un miracolo: la caduta di Valentina, infatti, poté essere attutita dalla chioma di un ciliegio.
La bimba si svegliò, come sempre, alle sette, pronta ad eseguire i riti del mattino: bagno, colazione, pulizia denti e, zainetto in spalla, scuola. Invece… immenso fu il suo stupore quando si accorse di aver dormito con la testa poggiata non sul cuscino ma sul ramo di un ciliegio.
“Caspita, che mistero è mai questo!” esclamò impaurita. “Non aver paura, bella bambina, sei in mezzo ad amici.” “Chi è che parla?”: Valentina sgranò gli occhi, si guardò attorno e non vide nessuno. “Sono io che parlo” aggiunse con un tono rassicurante la voce di prima. “Io chi?” chiese Valentina, ora più curiosa che spaventata. “Io, il ciliegio che ti ha salvato la vita.” “Oddio! Un albero parlante? Ma allora sei un albero speciale?”, domandò la bimba che, per l'eccitazione dell'avventura, aveva del tutto scordato la paura di prima. “Sì, piccola, sono un albero molto speciale, soprattutto per te. Sono il tuo albero custode.” “Il mio albero che?” “Il tuo albero custode, ogni bambino ne ha uno. E il mio compito è quello di riportarti a casa.” “No, no, ti prego, signor albero custode. A casa no, non ci voglio tornare. Fammi restare con te, sono una trovatella e la mia matrigna e il mio patrigno sono cattivi. Farò tutto quello che vorrai: raccoglierò le foglie che ti cascano per terra, caccerò gli insetti dal tronco, innaffierò le tue radici…”
Ma l'albero custode non si fece corrompere: “Conosco bene i tuoi affanni, piccola, ma dovrai lo stesso tornare a casa. Comunque, di questo parleremo dopo, anche perché prima bisogna scoprire il posto in cui si trova la tua casa. Intanto, scendi giù ed apri la porta del mio tronco. Dentro c'è tutto ciò che ti occorre. Fai colazione, pulisciti i denti e poi torna fuori. E non chiamarmi più signor albero custode, mi dà ai nervi. Chiamami Albero, ma con la “A” maiuscola, mi raccomando. Albero e basta. Anzi, meglio ancora se mi chiami solo Al.” “Sì, sì, ti prometto che ti chiamerò come vuoi tu, signor albero custode.” Ad Albero scappò un sorriso, ma ebbe cura di non darlo a vedere alla bimba che, nel frattempo, era già entrata nella cavità del ciliegio. Cavità? Ragazzi, era una meraviglia di casetta! Al piano terra c'erano la cucina, la madia, il tavolo e le sedie; il resto era nella mansardina: il comodino, l'armadio, il lavandino, il water e il bidè. Tutti i mobili erano in legno, di ciliegio naturalmente.
Era tutto così bello che a Valentina venne il sospetto di trovarsi in una fiaba. Si diede un pizzicotto e, con sua grande gioia, ogni cosa rimase al suo posto. Voleva curiosare ancora ma era in ritardo: non aveva ancora fatto nulla di ciò che le aveva ordinato Al. Rimediò subito perché non voleva irritarlo: si lavò, bevve il caffellatte e si pulì persino i denti senza brontolare. Poi uscì fuori dalla casetta.
Le sorprese non erano finite. Varcata la porta vide davanti a sé un camoscio, una capretta, un capriolo, un castoro, un cavallino, un cerbiatto, un cinghialetto, un coniglietto, una chiocciola e un criceto. La bimba notò subito che tutti gli animali presenti avevano in comune una cosa: il nome che cominciava con la lettera “c”. E con la stessa lettera iniziava pure il nome degli uccelli che, guardando in alto, vide appollaiati sui rami del ciliegio: calandra, canapino, canarino, capinera, cardellino, chiurlo, cicogna, cinciallegra, ciuffolotto, codibugnolo, codirosso, colomba, cornacchia, corvo, coturnice, cuculo, culbianco. “Che mistero è mai questo!” esclamò Vale. Le venne in soccorso Al: “Il nostro è un bosco alfabetico, ossia è diviso in tanti settori quante sono le lettere dell'alfabeto. In ogni settore vivono gli animali e le piante il cui nome inizia con la stessa lettera. Nel nostro settore, che corrisponde alla “c” tutti gli animali hanno il nome che inizia per “c”. Lo stesso succede con gli ortaggi. Perciò qui crescono carciofi, carote, cavolfiori, cetrioli e cocomeri. E lo stesso vale per i fiori: calendule, camelie, campanule, ciclamini e convolvoli. Idem per gli insetti: calabroni, cavallette, cicale, coleotteri e così via.”
Mentre stava per chiedere qualcos'altro ad Al, Vale notò un cagnolino che, dopo averla annusata, le girava attorno. La bimba allora lo prese in braccio: “Che bello che sei, come ti chiami?” Il cagnolino abbassò la coda. “Ho capito, sei ancora senza nome. Allora te lo dò io: Kakao. Ti piace? Kakao, come la pianta da cui si ricava il cioccolato, che a me piace tanto, ma che tu non puoi mangiare perché ai cani fa tanto male. Così questo nome ti aiuterà a ricordare che la vita è fatta anche di pericoli… Vuoi sapere come mi chiamo io? Valentina, ma tu che sei il mio cagnolino mi puoi chiamare Vale. Vale, hai capito?” Kakao saltò a terra e disegnò un altro cerchio attorno a Vale. Sì, che aveva capito: che diamine, mica era stupido. Poi si alzò sulle zampe per farsi riprendere nuovamente in braccio. Impossibile dirgli di no: era bello come un cavallino rampante. Una volta accontentato, Kakao si mise a leccare le guance di Vale.
I due, la bambina e il cagnolino, da quel momento divennero inseparabili. Vale ora poteva contare su un alleato in più per convincere Al a non rimandarla più a casa. L'albero custode, invece, si mostrò irremovibile nel suo proposito, doveva solo scoprire prima dove si trovava il paese della bimba. Intanto, il sole era tramontato e così Al dovette aggiornare il raduno all'indomani. Mentre gli animali tornavano nelle loro tane, Vale e Kakao vennero invitati da Al a cenare nella casetta. La bimba mangiò una frittata di uova, il cagnolino delle gustose crocchette. Poi Vale  chiamò Kakao e gli disse: “Abbiamo mangiato in piatti separati, come è giusto che sia, ma dormiremo assiem…” Il cagnetto non le fece completare la frase che era già balzato sul letto ad attendere la padroncina.
Chissà quanto avrebbero dormito ancora se non ci fosse stato Al a svegliarli: “Dormiglioni, venite fuori, è da un pezzo che vi stiamo aspettando!” Era vero, gli animali c'erano già tutti ed accolsero Vale e Kakao con una macedonia di versi festosi: cinguettii, belati, squittii, gorgheggi, grugniti, trilli, ragli, bramiti, chiurli, pigolii, stridii, fischi, garriti, chioccolii.
Su richiesta di Al, la bimba raccontò la sua storia e diede tutte le indicazioni utili a rintracciare Borgo Pulcino. Il primo a dirsi pronto ad andare in cerca del paese fu il cerbiatto. Al però si oppose: c'erano troppi cacciatori in giro. Parlò allora il cinghialetto: “Vado io”. Al disse di no anche a lui: poteva fare una brutta fine perché i contadini lo accusavano di rovinare i campi di granturco. Si offrirono altri volontari, ma vennero tutti bocciati. Alla fine, la missione venne affidata ad una coppia: il corvo e il criceto. Il primo avrebbe trasportato sul suo dorso il secondo e questi, una volta individuata la casa di Vale, l'avrebbe ispezionata per bene al fine di acquisire tutte le informazioni utili al ritorno della bimba.
L'uccello e il roditore si alzarono immediatamente in volo alla ricerca di Borgo Pulcino. Passati che furono sei giorni, nel cielo che sovrastava il settore “c” del bosco si udì un gracchiare mischiato ad uno squittio: il corvo e il criceto erano di ritorno. I due vennero accolti in modo trionfante. A dare la bella notizia fu il criceto: “Abbiamo trovato la casa di Vale.” Ma fu il corvo, che non voleva lasciare tutto il merito al compagno, ad esibire la prova: un fazzoletto di seta con le iniziali della bimba ricamate sopra.
Alla vista del fazzoletto, l'unico ricordo che le era rimasto della vera mamma, a Valentina s'inumidirono gli occhi, ma nessuno se ne accorse perché l'attenzione della brigata era tutta per i due eroi esploratori. Proprio in quel momento, Al, facendosi interprete del sentimento di tutti, volle elogiare il corvo e il criceto: “Bravi, bravissimi! E i genitori li avete visti?” “Li ho visti solo io!” rispose il criceto impettito per aver riguadagnato il centro della scena. “Sono stato tre giorni nascosto ad osservarli” aggiunse “e per tutto il tempo non hanno mai smesso di piangere lacrime amare. Sono convinti che Vale sia scappata per la loro crudeltà, ora vorrebbero chiederle perdono ma non sanno dove trovarla. Hanno deciso di digiunare finché non torna. Stanno seduti davanti ad una tavola imbandita di ogni ben di Dio e non toccano nulla. Che pena vederli: sono diventati magri come due chiodi.” Il racconto del criceto commosse tutti, compresa Valentina, la quale, dopo tante lacrime d'infelicità versate in passato, stava sperimentando per la prima volta un pianto di cui non sapeva l'esistenza: un pianto di gioia. Allora si rivolse ad Al e gli annunciò che aveva deciso di tornare a casa subito. Poneva però una condizione: Kakao doveva venire con lei. Le parole della bimba furono accolte da uno strepito mai udito: nitriti, ragli, frullo di ali, colpi di coda, trapestio di zoccoli, cozzo di rami. Il bizzarro frastuono era il modo con cui la variopinta tribù di animali, uccelli e piante capitanata da Al diceva sì alla bimba.
Al momento dei saluti, Vale baciò gli amici uno per uno, e lo stesso fece Kakao. L’ultimo abbraccio, il più caloroso, fu per Al. A lui Vale promise di tornare per le vacanze. Al ne fu felice e le diede la chiave della casetta: “Così se arrivi di notte, potrai entrare senza svegliarmi. Sai che per colpa tua ho ancora una notte di sonno arretrato?” Tutta raggiante, la bimba infilò la chiave in una cordicella che si mise al collo.

C'era ancora un segreto che Vale doveva sapere, Al glielo sussurrò in un orecchio: “Il bosco alfabetico è un posto fatato, esiste solo per i bambini, gli animali e le piante. La presenza di un solo adulto è sufficiente a farlo svanire. Perciò, non parlarne ai tuoi genitori. Non sarà una bugia, la tua, ma una dimenticanza.”
Il commiato stava prendendo una piega troppo patetica. Occorreva dargli un taglio netto. Così, dopo uno sguardo d’intesa, Vale e Kakao chiusero gli occhi e si misero a correre a perdifiato. Li riaprirono solo al primo segno di stanchezza. Allora enorme fu lo sbalordimento della bimba: erano davanti ad cartello con su scritto Borgo Pulcino.
Appena sentirono bussare, i genitori di Vale si precipitarono alla porta. Nel vedere la loro bimba, rischiarono di restarci secchi. Sarebbe stato il colmo: morire per troppa felicità dopo essere sopravvissuti a giorni di digiuno. Sciolto l'abbraccio interminabile, Vale prese la parola: “Papà e mamma, ora avete due figli. Quello peloso si chiama Kakao… Mangiamo in piatti separati, come è giusto che sia, ma dormiamo assieme…” Qui la bimba fece una pausa per scambiare uno sguardo di complicità con Kakao, ma il birbante era già sul letto che russava.